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Sul settimanale Sabado del quotidiano Mercurio è uscito, lo scorso sabato, un interessante articolo sul Red Set cileno, l’equivalente della europea Gauche Caviar: la sinistra bene, la cui variante cilena è che al Red Set piace moltissimo essere Red Set (più che per l’assonanza con il jet da cui copia il nome che non per il red, che ne definisce la posizione politica). L’articolo, scritto da Rafael Gumucio, che di quel mondo fa parte, racconta di come il Red Set si è formato e poi si è evoluto, dagli anni di Unidad Popular e poi della dittatura. Una parabola non molto diversa da quella che hanno seguito i rivoluzionari bene di tutti i Paesi del mondo e del loro progressivo adattamento, pena estinzione come i dinosauri, alle esigenze del mondo globale (e, alla fine, al richiamo della foresta della classe d’origine). Le differenza è che in Cile il gap tra gli strati sociali è una cosa seria, e che ci vuole ben altro, per scalzarla, di una generica e
comune adesione politica, per quanto sofferta e tragica. Il red set cileno è passato, dunque, per tutte le inevitabili tappe degli altri Red Set: il distacco del rampollo bene dalla famiglia di origine, regolarmente di destra, e il tradimento della sua stessa classe, l’adesione a un progetto politico rivoluzionario, la dissidenza e a volte l’esilio. Il senso di colpa per essere un pituco. Infine, conquista recente, il superamento del suddetto senso di colpa per circondarsi dei numerosi vantaggi che garantisce la comodità economica, a partire dalle piccole cose come fumare puros cubani e bere champagne. “Porqué si, lo confieso, soy del Red Set”, scrive l’autore con il tono con cui si ammette una colpa di cui, alla fine, si è fieri. “Lo sono di nascita, lo sarò finché muoio”.
Tre candidati presidenziali appartengono al Red Set, la stessa “presidenta” ne fa parte. Vivono, molti di loro, nelle case comunità dell’architetto comunista Castillo Velasco, e ballano rock’n roll. “La lealtà era con il futuro, e chi tradiva, era come se tradisse questo futuro splendido. La lealtà di adesso è con il passato, con i morti, con i torturati di ieri. Benché questo passato sia cambiato molto negli ultimi venti anni”.
Alla fine, quelle case ecologiche e spartane, la metro e il cinema Hoyts (la grande multisala in cui si tengono festival del cinema e proiezioni di nicchia), rappresentano una vittoria di tutto il Red Set. Una vittoria che può sembrare piccola, paragonata agli obiettivi iniziali di cambiare il mondo e che però è molto di più, scrive l’autore, di quello che i suoi equivalenti di Argentina, Colombia, Messico e Venezuela hanno lasciato dietro di sé.